La più grande povertà? L’assenza di speranza
“Bisogna lottare contro la povertà,
che è soprattutto assenza di speranza e di stima
da parte di altri con cui possono essere condivisi valori proiettati al futuro”.
Andrea Canevaro1.
Agevolando nasce nel 2010, e nel 2013 arriva a Rimini, per offrire opportunità e favorire partecipazione e cittadinanza attiva di ragazzi e ragazze cresciuti in comunità, affido o casa-famiglia, costretti spesso a diventare grandi troppo in fretta.
Pensando ai ragazzi che incontriamo e alle loro storie è impossibile associarli a un’idea generica di povertà. Sono giovani ricchi invece di risorse, empatia, forza, con un passato difficile da cui cercano di riscattarsi con coraggio. Ma, tornando alle parole di Canevaro, spesso vivono anche condizioni di forte vulnerabilità a causa della poca stima di sé, di ferite che con fatica stanno cercando di rimarginare o per l’assenza di figure di riferimento positive. È questa allora, forse, la più grande forma di povertà che sperimentano: l’impossibilità di sperare in un cambiamento possibile, di costruirsi un futuro sereno che li riscatti da un passato difficile di cui spesso sono stati vittime innocenti.
Dal 2013 l’associazione Agevolando ha dato vita a Rimini un servizio, il primo in Italia, che abbiamo chiamato “Se potessi. Sportello del neomaggiorenne della provincia di Rimini”.
Se potessi perché erano tanti i desideri che i ragazzi ci avevano consegnato: “Se potessi restare ancora un po’in comunità…”, “Se potessi avere un lavoro…”, “Se potessi avere qualcuno che mi dà una mano…”. Intorno allo Sportello ruota ogni anno un gruppo di 10/12 volontari: educatori o operatori sociali che conoscono da vicino queste tematiche, ma anche cittadini, studenti universitari, liberi professionisti, pensionati che offrono il proprio tempo e le proprie competenze ai giovani.
L’obiettivo è quello di creare una rete di giovani e adulti di riferimento che possa intercettare i bisogni dei ragazzi accompagnandoli all’autonomia, rendendosi per loro una “compagnia affidabile”, ma senza mai sostituirsi alla loro libertà di scegliere e autodeterminarsi.
Ogni anno sono circa 400 gli accessi allo Sportello, un totale di 50/60 ragazzi tra i 16 e i 26 anni che vivono o hanno vissuto in un contesto di accoglienza eterofamiliare per disposizione del Tribunale per i minorenni o perché coinvolti in un circuito penale o, infine, perché minori stranieri non accompagnati. I ragazzi si rivolgono a noi principalmente per un aiuto nel cercare casa o lavoro, per il rinnovo dei documenti o altre incombenze pratiche quotidiane, ma anche, semplicemente, per essere ascoltati e trovare un luogo in cui incontrarsi e condividere. Diverse le nazionalità dei ragazzi, nel 2018 le più rappresentate sono state: Italia, Albania, Gambia, Egitto, Nigeria, Mali, Tunisia. I ragazzi accedono allo sportello su invio delle comunità/case-famiglia del territorio2 o su suggerimento dei Servizi sociali competenti o infine autonomamente, grazie al passaparola. Negli ultimi anni è aumentata la presenza di giovani provenienti dai progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) o dai Cas (Centri di accoglienza straordinaria) della provincia.
La possibilità di avere sede presso gli spazi del Centro giovani “RM25”3 e la collaborazione con altre realtà e associazioni ci permette inoltre di partecipare o organizzare momenti aggregativi, eventi, uscite incontrando altri ragazzi e ragazze anche con esperienze diverse, in una logica inclusiva e non ghettizzante.
Ha scritto Ahmed qualche tempo fa: “Lo Sportello per me significa una grande famiglia: una famiglia che ti dà un sostegno e ti fa incontrare delle persone veramente fantastiche. Avere persone che stanno accanto a te nei momenti belli e nei momenti brutti, questo è per me lo Sportello”.
Negli ultimi anni abbiamo inoltre scelto di proporre alcune attività laboratoriali e formative, volte ad affinare le competenze dei ragazzi (ricerca attiva di casa e lavoro, gestione del denaro, educazione alla salute, alla legalità…), ma anche finalizzate a prenderci cura del loro benessere psicologico con attività dedicate alla gestione delle emozioni e dell’affettività. Un piccolo fiore all’occhiello è stato inoltre, nel 2018, il laboratorio di scrittura autobiografica condotto per noi dalla scrittrice Lorenza Ghinelli. Sei giovani, tutti provenienti da esperienze migratorie, hanno raccontato insieme all’autrice le loro storie che, presto, prenderanno una forma letteraria vera e propria.
Accanto alle attività dello Sportello, Agevolando ha iniziato a incontrare il mondo profit e aziendale e promosso la possibilità per alcuni ragazzi di svolgere un’attività di tirocinio formativo in azienda per facilitare il loro accesso al mondo del lavoro.
Stiamo inoltre agendo per l’individuazione di soluzioni abitative agevolate per i ragazzi che, una volta usciti dal loro percorso in comunità, possano coabitare nella logica dell’housing sociale fino a che non saranno pronti per una piena autonomia. Abbiamo realizzato uno spot4 e una campagna di comunicazione per lanciare un appello ai cittadini e individuare appartamenti in comodato d’uso gratuito da mettere a disposizione dei ragazzi. In fondo i dati ci dicono che Rimini è una delle città italiane con il più alto numero di case sfitte. Ci piacerebbe anche coinvolgere famiglie o singoli cittadini disponibili a mettersi in gioco per ospitare temporaneamente nelle loro case ragazzi neomaggiorenni, un progetto già attivo in Trentino dove abbiamo avviato cinque coabitazioni.
Molto spazio e importanza in questi anni è stata data al racconto delle storie di vita dei ragazzi, che hanno partecipato a incontri nelle scuole e nelle parrocchie, a festival ed eventi. Un modo per sensibilizzare ma anche contribuire a un cambiamento culturale. Scrive Massimo, giovane socio di Agevolando: “L’ondata di razzismo a cui assistiamo oggi è mossa soprattutto dall’ignoranza. Penso che se le persone ascoltassero le storie di ragazzi come Mamadou o Moussa cambierebbero idea. Sono le storie di vita che ti aiutano a capire”.
Attraverso la rete con le altre sedi dell’associazione, presente in molte regioni d’Italia, partecipiamo infine a un progetto di advocacy: il “Care leavers network”5. L’obiettivo è quello di dare voce ai ragazzi e alle ragazze cresciuti fuori famiglia (tecnicamente “care leavers”) e attraverso il loro contributo migliorare le politiche e il sistema di accoglienza e di uscita dai percorsi di tutela.
E allora sì, incontriamo situazioni di forte povertà materiale. Una povertà data soprattutto dal differente accesso alle opportunità che a questi ragazzi è garantito. Spesso si tratta di giovani che non hanno potuto proseguire gli studi perché costretti a immettersi subito nel mondo del lavoro per potersi mantenere o che erano analfabeti nel loro paese di origine, ragazzi che provengono da famiglie molto deprivate o negligenti, che non hanno avuto l’opportunità di viaggiare, sperimentare, progettare serenamente.
Per questo Agevolando si impegna anche a “dilatare il campo dell’esperienza”6 con proposte finalizzate a fare incontrare i ragazzi, a sviluppare la loro curiosità, a valorizzare i loro talenti senza sentire di avere un “time out” che incombe su di loro al compimento del 18esimo anno.
Ma la vera sfida è quella di sconfiggere la povertà relazionale: la solitudine, la mancanza di fiducia nel mondo degli adulti, la poca stima di sé, la paura di essere vittime di stigma e pregiudizi perché non cresciuti all’interno della loro famiglia. E crediamo che questo sia possibile solo a partire da un ascolto attivo dei loro bisogni e delle loro istanze, sviluppando il loro senso di appartenenza per uscire dall’invisibilità o dall’emarginazione, la loro responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri, favorendo processi di auto mutuo aiuto e la possibilità di essere coinvolti in reali percorsi di partecipazione attiva.
Ma come immaginano il loro futuro questi ragazzi?
“Il mio sogno è aiutare i ragazzi, soprattutto quelli che dormono per la strada, lo sogno da tanto”, dice Bright. “Mi piacerebbe lavorare in un negozio di vestiti o in un bar”, è il sogno di Nabil. Rossel dice invece: “Voglio fare del mio meglio perché voglio un futuro come tutti gli altri. Una bella vita con soldi, moglie, figli e auto”. Idee chiare anche per Aman: “Il mio sogno è avere una piccola casa e una piccola macchina, un lavoro e una moglie e due bambini. Con loro andare in Afghanistan e fargli conoscere la mia famiglia e fargli vedere il posto in cui sono nato e cresciuto”. E infine Ilaria: “Voglio essere un punto di riferimento per chi nel suo giovane vissuto ha lottato tanto e ha sorriso poco”.
Non abbiamo una bacchetta magica e ci confrontiamo con tanti insuccessi. Con l’essere una piccola associazione di volontariato, che spesso non è in grado di offrire risposte a tutte le domande che riceve. Con un sistema di politiche sociali che prima tutela, ma poi in alcuni casi abbandona. Con un clima culturale a volte ostile e, oggi, con un “Decreto sicurezza”7 che rischia di vanificare i tanti sforzi per l’integrazione compiuti sino ad oggi. Sperimentiamo il fallimento e la fatica. Soprattutto l’impotenza di fronte a tutti quei ragazzi “invisibili”, che non riusciamo a raggiungere e troppo affaticati dal loro dolore e dal loro passato per poter risalire.
Non abbiamo dati impressionanti o risultati epici da raccontare. In questi primi anni ci siamo mossi per piccoli passi, consapevoli di non avere inventato nulla di nuovo e senza alcuna presunzione di sostituirci a servizi e realtà già esistenti e molto più efficaci di noi. Potremmo dire, parafrasando don Tonino Bello, che non sempre siamo riusciti a offrire un letto. Ma abbiamo cercato di dare almeno la buonanotte o una carezza a tutti i ragazzi che abbiamo incontrato. Il nostro obiettivo è stato quello di accendere i riflettori su una popolazione di giovani di cui troppo poco si parlava e per cui poco si faceva, favorendo la collaborazione tra diverse realtà impegnate nell’accoglienza e nell’educazione, prendendo per mano per un tempo più o meno lungo quei ragazzi che abbiamo incontrato, che ci hanno “scelto”, che altrimenti sarebbero stati ancora più soli. E che, senza alcun dubbio, pur con tante fatiche ci hanno resi molto più ricchi.
Agevolando ha sede a Rimini presso il Centro giovani “RM25” in via Bonsi 28.
Potete seguire le nostre attività sulla pagina Facebook: Agevolando Rimini o sul sito www.agevolando.org
Potete scriverci all’indirizzo email rimini@agevolando.org se avete voglia di collaborare con noi per un’esperienza di volontariato o per offrire opportunità abitative e lavorative ai ragazzi.
“Se vuoi arrivare primo, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme” (proverbio africano)
1) Dall’articolo “Stima che non fa male” in http://educhiamoci.over-blog.it/pages/Stima-che-non-fa-male-di-andrea-canevaro
2) In particolare collaboriamo con le realtà di accoglienza gestite da Fondazione San Giuseppe per l’aiuto materno e infantile, Coop. sociale Il Millepiedi, associazione Sergio Zavatta, associazione comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas Rimini, coop. Eucrante ma anche con gli enti pubblici e altri servizi
3) Un progetto dell’associazione Sergio Zavatta storicamente sito in Corso d’Augusto 241, dal 2019 si è trasferito in una nuova sede in via Bonsi
6) Si veda a questo proposito il volume: P. Bertolini, L. Caronia, “Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento” (Franco Angeli, ultima ed. 2017)
7) Il Ddl 840/2018