“Giovani in standby” o “Giovani in standby?”

Mentre mi accingo a scrivere questa presentazione è in corso il “Friday’s for Future” un movimento giovanile “liquido”, dilagato sul web, nato per dire che non è stato fatto abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici e che c’è poco, pochissimo tempo per agire.

Un esempio contagioso che ha cambiato il titolo del nostro report aggiungendo un punto interrogativo a quello pensato: Giovani in Standby.

Non poteva essere diversamente: se da una parte i nostri dati ci dicono che il 30% delle nuove persone che si rivolgono ai nostri Centri di Ascolto sono giovani, dall’altra la straordinaria risposta delle nuove generazioni all’appello lanciato da Greta Thunberg ci mostra che i giovani vogliono farci sentire la loro voce. Giovani che chiedono aiuto alla Caritas e giovani che si mobilitano con cortei, incontri, marce, scioperi e flash mob, gridandoci, “Se non ora, quando?”, “Usiamo la ragione, salviamoci!”, e ancora: “Studierei il passato se mi assicurate un futuro!”, “Non c’è lavoro in un pianeta morto!”

Slogan che mi provocano, non ho risposte, solo molti interrogativi.

Siamo capaci di accogliere le istanze che questi giovani ci rivolgono? Soprattutto, le vogliamo veramente accogliere?Siamo capaci di ascoltarli? Come posso e possiamo dare speranza ai giovani, cominciando da quelli che si rivolgono a noi? Come non deluderli? Come connetterli con quelli che ci stanno scuotendo le coscienze? Sono lo specchio di quello che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto, per questo abbiamo paura di loro?

L’odio verso Greta e verso i suoi coetanei, che hanno aperto gli occhi e alzato la voce, è il segno che questo movimento di giovanissimi che vogliono salvare il pianeta dal disastro ecologico, è un pericolo?

Sono convinto che porsi in atteggiamento di ascolto, dialogo e confronto, come questi giovani ci stanno chiedendo, sia la strada per cercare le risposte alle istanze che questo rapporto ci consegna:

  • Povertà multidimensionale: ciascuna persona che si è rivolta a noi ha in media 4 problemi (economici, occupazionali, familiari, abitativi, di salute, burocratici legati ai documenti…).
  • Aumenta il numero di persone che vivono da sole, sia celibi che separati e divorziati.
  • Aumentano le persone “nuove” che si sono rivolte alla Caritas diocesana, in particolar modo i giovani, specialmente migranti.
  • Aumentano i senza dimora, cioè le situazioni di povertà estrema.
  • Si abbassa il titolo di studio: poveri sempre più poveri anche culturalmente, spesso figli di famiglie già povere.
  • Diminuiscono notevolmente gli immigrati, mentre resta stabile la presenza degli italiani, e aumentano i riminesi e anche gli over 50.
  • Aumenta, seppur di poco, il numero di coloro che hanno un lavoro, ma uno stipendio troppo basso e precario.

Greta ha iniziato da sola, ma non in solitaria. Perché, per non andare a scuola ogni venerdì di sciopero, ha potuto contare su una famiglia sensibile, su un preside intelligente, su forze dell’ordine che hanno tollerato il suo gesto davanti al Parlamento, senza caricarla su un’auto e convocare i genitori per una ramanzina in commissariato.

Dobbiamo raccogliere questa testimone cercando di imitarne l’esempio.

Dobbiamo diventare compagni di vita che favoriscano e non frenino il protagonismo dei giovani e delle persone che si affidano a noi e, attraverso questa esperienza, riuscire ad educare le nostre comunità, aiutarle a cambiare il loro atteggiamento troppe volte difensivo ed escludente.

Queste sono le sfide sulle quali dovremo confrontarci, farlo insieme sarà bellissimo.

Mario Galasso
Direttore Caritas diocesana Rimini