Intervista allo IAL – ENTE DI FORMAZIONE PROFESSIONALE
- Che cos’è lo IAL? A chi si rivolge? Da quanto tempo è attivo? Dove si trova? È gratuito?
Lo IAL è un ente di formazione professionale che da più di 30 anni si occupa di formazione professionale in vari campi (ristorazione, meccanica, estetica, etc…). Si rivolge sia a giovani in obbligo scolastico che ad adulti, ad aziende e disoccupati, a persone in svantaggio o ad utenza predeterminata, in base alla necessità di intervento formativo. Ha varie sedi almeno in ogni provincia dell’Emilia Romagna, con differenziazioni formative in base al territorio in cui è contestualizzato.
- Chi frequenta i vostri corsi?
Giovani in obbligo formativo, adulti disoccupati e non, dipendenti di aziende, utenza predeterminata in condizione di svantaggio o fragilità, corsisti amatoriali che vogliono approfondire il mondo della ristorazione.
- Nell’anno accademico 2018/2019 quanti sono gli iscritti?
Sulla sede di Riccione i giovani in IeFP sono circa un centinaio, se consideriamo anche i vari percorsi per adulti abbiamo un flusso di circa 200/250 iscritti.
- Più maschi o femmine?
Nel settore della ristorazione indicativamente più maschi, perché legati alla professionalità che in questo mestiere conta ancora un basso numero di quote rosa.
- Quanti italiani e quanti stranieri? Di quali nazionalità? Avete riscontrato dei cambiamenti nel corso degli anni? Quanto ha influito la crisi sul numero dei vostri iscritti?
Indicativamente 50 e 50 tra italiani e stranieri, con un aumento esponenziale degli immigrati provenienti dall’Africa; abbiamo comunque la presenza di stranieri di tutte le nazionalità, con cambiamenti sociali nel corso degli anni che hanno determinato un cambiamento nelle iscrizioni (per es. un calo degli iscritti, sia giovani che adulti, di nazionalità albanese, ormai integrati nel tessuto sociale, a favore di un aumento di popolazioni centro africane). La crisi economica, che tanto ha colpito molti settori, non ha però distrutto quello della ristorazione, che invece ha “tenuto duro” e che è ancora in grado di accogliere anche persone in riqualificazione lavorativa fuori ormai dalle logiche commerciali.
- A che fascia d’età appartengono i vostri iscritti?
Dai 15 ai 65 anni.
- Da quali realtà professionali provengono maggiormente?
Negli adulti abbiamo due tipologie: chi viene dalla ristorazione e vuole specializzarsi o comunque accedere ad una qualifica scritta (il famoso “pezzo di carta”), al contempo chi, magari impiegato in settori completamente diversi, per necessità o volontà propria decide di cambiare e deve riqualificarsi. Discorso a parte le utenze predeterminate con disabilità o fragilità, con le quali portiamo avanti progetti di inserimento lavorativo previa formazione.
- Quali difficoltà emergono da parte degli adulti?
Il grosso problema è quello lavorativo, soprattutto in un settore come la ristorazione che si, offre molte possibilità, ma necessità di forte impegno e spirito di sacrificio, nonché di impegno a livello fisico.
- Sono presenti giovani tra i 18 e i 35 anni? Quali esigenze hanno i giovani? Che difficoltà emergono dai dialoghi con loro? Quali sono i loro desideri?
La fascia 18-35 è la meno presente presso la nostra sede, a mio parere perchè si è già formata e sta lavorando; di certo è quella più penalizzata per la formazione gratuita, che in questi anni si è sempre più spostata verso le persone mature estromesse dalla crisi e le fasce deboli (disabilità e fragilità); i corsi per questa fascia d’età sono esclusivamente a pagamento, per cui poco appetibili tra chi sta costruendo un futuro anche economico.
- Incontrate più giovani italiani o stranieri? Di quali nazionalità? Più maschi o femmine?
come prima direi 50 e 50, più maschi, delle nazionalità più varie.
- Vi occupate anche di inserimento lavorativo? Terminati i corsi quante persone riescono a trovare effettivamente lavoro? Si tratta di tirocini o di contratti di lavoro più a lungo periodo?
Molti corsi ora vengono attivati in modalità just in time, con accordi preventivi con le aziende del territorio che ci garantiscono una sede stage e, se possibile, una posizione lavorativa. Di certo negli ultimi anni i tirocini formativi la fanno da padrone, con costi limitati per l’azienda e trattamenti economici minimi per i lavoratori, che così restano in una precarietà forte. Contratti lunghi se ne vedono pochi, mentre il tirocinio può essere anche un periodo di prova prima di un’assunzione più ampia e interessante. La ristorazione, soprattutto nel nostro territorio, rimane ancora una valida alternativa, purtroppo con tempistiche sempre più ridotte legate alla stagionalità.
- Avete altre riflessioni che vi sembra importante comunicare rispetto al tema povertà? Secondo voi la povertà è solo di tipo economico oppure c’è una povertà culturale, concettuale, dove le persone faticano a ricostruirsi, perché, forse hanno una bassa stima di sé? Secondo la vostra esperienza quali sono le cause della povertà oggi?
La povertà non è solo di tipo economico, di fondo c’è un vuoto culturale e concettuale che difficilmente può colmarsi, sia nei ragazzi che negli adulti, che di quei ragazzi possono essere i padri. La crisi economica è sicuramente una delle cause primarie ma, a mio parere, non l’unica e forse non la più importante sul nostro territorio, che ha bisogno di più aiuti di sistema che economici.
- Cosa si potrebbe fare ulteriormente per aiutare coloro che sono in difficoltà, siano essi giovani o adulti?
Una domanda troppo difficile per esaurirsi in tempi brevi, credo che nel nostro piccolo, in modo particolare sui giovani, nel poco tempo in cui permangono presso la sede, si facciano dei piccoli miracoli, data la particolarità dell’utenza e la loro età così difficile da rapportare alla realtà odierna, accompagnandoli ad un percorso di crescita e talvolta di ripresa in soli due anni. Come mi piace dire, la nostra è una scuola che accoglie a braccia aperte.