PROGETTO C.A.S.
(Centro di Accoglienza Straordinaria)

Il progetto C.A.S. in Caritas

L’operazione “Mare nostrum” è stata un’azione militare e umanitaria finalizzata a prestare soccorso ai migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia. Ciò ha reso palese agli occhi di tutti gli italiani quella che è poi stata definita “emergenza sbarchi” e che si è protratta fino ad oggi.
Com’è noto, parallelamente alle operazioni di salvataggio si è messa in atto una rete di accoglienza su tutto il territorio nazionale, in grado di garantire un’idonea sistemazione abitativa alle persone tratte in salvo e in attesa del perfezionamento della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, oltre a una serie di attività e servizi.
Dal 2014 la Caritas diocesana di Rimini, attraverso la cooperativa sociale “Madonna della Carità”, in qualità di ente gestore delle misure di accoglienza rivolte a cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, convenzionata con la Prefettura di Rimini, si è attivata per rispondere alle esigenze di ospitalità dei cittadini migranti in arrivo sul territorio provinciale.
Fin dall’inizio il sistema di accoglienza straordinaria ha quindi previsto che gli enti gestori supportassero i richiedenti asilo, inviati dalle Prefetture territoriali, fornendo loro assistenza e servizi tra cui:

  • offrire un alloggio dignitoso;
  • assicurare vitto, indumenti e la cura dell’igiene;
  • fornire assistenza sanitaria;
  • garantire corsi di lingua italiana e interventi di mediazione linguistico-culturale;
  • seguire le procedure connesse alla domanda di protezione internazionale (accompagnamenti in Questura e presso le Commissioni territoriali per la valutazione della richiesta di asilo, ecc.);
  • diffondere la conoscenza delle norme che regolano la vita nel nostro Paese;
  • seguire dal punto di vista legale le questioni connesse alla domanda di asilo.

Oltre a quanto sopra elencato, la cooperativa Madonna della Carità, attraverso il lavoro degli operatori con specifiche competenze nell’assistenza dei richiedenti asilo e coerentemente con la sua vocazione e con i principi che ne guidano l’operare, ha strutturato i servizi mettendo in primo piano la persona, cercando, oltre che fornire il necessario supporto materiale, di cogliere e valorizzare le risorse dei singoli individui accolti, di creare le condizioni per attivare percorsi di integrazione sul territorio e di definire percorsi adeguati per una loro graduale autonomia.
Fin dall’inizio è stato infatti evidente il ruolo centrale della relazione nel lavoro che veniva svolto, relazione basata sull’ascolto e la reciproca conoscenza, al fine di instaurare un rapporto di fiducia, fondamentale affinché i beneficiari del progetto potessero orientarsi, essere attivi e responsabili nello sviluppare strumenti adeguati a gestire autonomamente la loro esistenza in Italia. Fondamentale questo passaggio anche per superare il rischio di una relazione di dipendenza, rischio reale e strettamente legato al senso di disorientamento iniziale, alle differenze sociali e culturali, al ritrovarsi in una condizione, oltre che di incertezza, sconosciuta e angosciante.
Partendo da queste premesse, si sono strutturate le attività volte a fornire ai ragazzi accolti un’idea di autonomia. Questo impegno negli anni si è progressivamente potenziato e definito:

  • oltre ai corsi di italiano, suddivisi in livelli compatibili con il grado di conoscenza della lingua, sono stati attivati laboratori pomeridiani centrati sulla conversazione e su un utilizzo “pratico” della lingua, quale strumento fondamentale per l’integrazione;
  • sono stati proposti e realizzati incontri informativi e di formazione civica su molteplici tematiche;
  • compatibilmente con le esperienze pregresse di ogni beneficiario, sono stati definiti specifici corsi di formazione, sia con formatori esterni che interni, in collaborazione con enti di formazione territoriali, in vari ambiti: cucina, macelleria, giardinaggio, settore edile, grande distribuzione;
  • sono stati attivati tirocini lavorativi in diverse aziende del territorio, alcuni dei quali si sono trasformati in assunzione.

Quest’impegno ha portato ad una progressiva evoluzione della condizione dei migranti accolti nella direzione del senso di autonomia, di integrazione sul territorio, di sviluppo e incremento delle reti di supporto e di conoscenze.

Le persone accolte nel 2018: le difficoltà e i risultati

Nel corso dell’anno 2018, nell’ambito del progetto di accoglienza straordinaria sono state accolte 74 persone provenienti da: Nigeria (25), Gambia (15), Senegal (7), Pakistan (6), Ghana (4), Guinea (4), Costa d’Avorio (3), Sudan (3), Niger (2), Bangladesh (2), Camerun (1), Mali (1), Somalia (1).
Quelle uscite dal progetto, in seguito al riconoscimento di una forma di protezione e con un titolo di soggiorno, sono state 13.
La quasi totalità dei beneficiari che hanno terminato il progetto di accoglienza con un rigetto della domanda di protezione internazionale, si sono trovati in condizioni di estrema difficoltà, impossibilitati a essere assunti per un lavoro, a trovare una soluzione abitative e ad accedere alle misure di welfare definite dagli enti locali territoriali.

Gli ostacoli però non mancano neppure ai beneficiari in uscita con un regolare titolo di soggiorno. La difficoltà principale è legata al reperimento di soluzioni abitative autonome. In particolare, nel territorio di Rimini, gran parte degli immobili ad uso abitativo sono riservati per la stagione turistica. Per gran parte dell’anno, i proprietari li lasciano sfitti, con l’intento di affittarli solamente durante il periodo estivo.
Un’altra delle difficoltà riscontrata è stata la diffidenza dei proprietari verso le persone straniere, soprattutto di origine africana e asiatica, nonché la scarsa disponibilità delle agenzie immobiliari nel reperire soluzioni abitative anche di basso livello.
Infine, un ostacolo insormontabile è stata la richiesta di fidejussioni bancarie da parte dei proprietari, generalmente a copertura di 12 mesi di affitto.
Questi aspetti hanno reso la ricerca della casa un’attività complessa e dai risultati pressoché nulli, per cui molto spesso le persone uscite dai progetti di accoglienza si sono rivolte ad amici connazionali con il rischio di creare condizioni abitative precarie, di degrado e illegali.
Ovviamente, a queste difficoltà, si aggiunge anche il problema della mancanza di un lavoro più o meno stabile in grado di assicurare un reddito sufficiente a garantire un minimo di autonomia alle persone.
Coloro che hanno terminato il progetto di accoglienza e sono rimasti sul territorio, hanno mantenuto una relazione constante con gli operatori che li hanno affiancati durante il progetto di accoglienza, trovando in loro un importante punto di riferimento.
Nonostante le difficoltà, tra le 13 persone che nel 2018 hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria: 5 hanno trovato lavoro firmando un regolare contratto, 7 sono riuscite a sottoscrivere un contratto di locazione e 2 sono state accolte nel progetto SPRAR territoriale denominato “Rimini porto sicuro”.
A novembre 2017, si è conclusa l’esperienza del progetto “Parrocchie accoglienti” che, laddove si è realizzato, ha permesso la nascita di relazioni significative tra i volontari che hanno partecipato e i ragazzi accolti. Le persone coinvolte, oltre a mobilitarsi in loro favore nella ricerca di un’abitazione o di un lavoro, hanno creato momenti di condivisione con la comunità, hanno attivato accoglienze di tipo familiare e un progetto di housing sociale.

Le prospettive

Si ritiene che il futuro delle persone accolte possa essere molto incerto, anche a seguito delle modifiche normative introdotte dal D.L. 4 ottobre 2018, n.113. Alcune di queste agiranno negativamente sulle situazioni già difficili in cui si trovano le persone accolte, aumentando il rischio di irregolarità e di insicurezza, sia a livello collettivo che individuale, alimentando lo sfruttamento lavorativo, il reclutamento da parte di organizzazioni criminali e l’emarginazione sociale.