Casa Don Andrea Gallo #perlautonomia
Associazione Rumori sinistri
Da tre anni, in Via Dario Campana 59 a Rimini, l’Associazione Rumori sinistri, ha aperto Casa Don Andrea Gallo che ospita persone senza dimora per progetti finalizzati all’autonomia attraverso la “coscientizzazione” del proprio stato e delle proprie potenzialità.
I dati
Dal 2015 alla fine del 2018, la casa ha ospitato 128 persone (113 uomini e 15 donne), provenienti da 29 Paesi diversi, per la maggior parte dall’Africa occidentale, molti provenienti da precedenti percorsi di accoglienza in Cas, Ena o Sprar. Rispetto all’età si è registrato un progressivo abbassamento dell’età media nel tempo (da 36,7 anni a 33,1). Nel corso dell’evoluzione del progetto sono aumentati, in concomitanza all’incidenza degli abitanti della Casa, coloro che hanno residenza a Rimini (dal 39% all’82% circa) e che lavorano più o meno regolarmente (dal 38% al 66% circa). In particolare nel 2018, su 44 abitanti della casa, circa i due terzi degli (29 persone) svolge un qualche tipo di attività retribuita, più o meno stabile. Riteniamo che questo costituisca un ulteriore elemento qualificante dell’esperienza di Casa Gallo, anche in considerazione del fatto che numerosi abitanti soffrono di disturbi fisici e psichici cronici. Evidentemente il soddisfacimento di necessità basiche come un tetto stabile sopra la testa, sia pure con tutte le limitazioni imposte da una convivenza in una struttura di accoglienza come Casa Don Gallo, costituisce un prerequisito fondamentale per avere una possibilità di inserimento (o reinserimento) nel mondo del lavoro. Tuttavia le opportunità lavorative non sempre permettono alle persone di raggiungere una propria autonomia, in quanto si tratta di stipendi non in grado di far sostenere le spese dell’affitto o perché spesso si tratta di lavori precari.
Tenendo conto di tutti i 128 abitanti che hanno transitato nella Casa Don Gallo, la permanenza media è di durata inferiore ai 10 mesi, un tempo relativamente breve se si pensa che diverse persone provengono da percorsi di grave marginalità e numerose hanno problemi di salute, a volte derivanti dalle tragiche esperienze migratorie, altre volte dalla dura vita trascorsa in strada, altre volte ancora legati a problemi di dipendenze.
Oltre all’accoglienza in struttura l’Associazione svolge altre attività dedicate alle persone in strada (Guardaroba Solidale Madiba, uno Sportello di Ascolto, attività Network…), nei tre anni questi strumenti hanno permesso di intercettare 284 persone senza dimora (di cui 134 solo nel 2018), tra questi 158 provenivano da progetti legati ai percorsi di accoglienza per migranti, quelli provenienti dall’Africa sub-sahariana beneficiano, per la quasi totalità, di un qualche tipo di riconoscimento alla permanenza in forma legale sul territorio italiano (in prevalenza, la protezione umanitaria: solo tra i somali prevale la protezione sussidiaria), con la parziale eccezione del Ghana, i cui cittadini scontano evidentemente le migliori condizioni socio-politiche rispetto a quelli limitrofi. Pakistan e Nigeria presentano al loro interno la maggiore variabilità distributiva di motivazioni, a segnalare profili di migrazione differenziati in ragione della complessità intrinseca delle situazioni nel Paese di provenienza. La maggioranza degli/delle abitanti attuali di Casa Don Gallo (18 persone su 44) detiene un Permesso di protezione umanitaria, il che, alla luce degli effetti del Decreto Salvini, li pone in una prospettiva futura di caduta nello status di irregolari. Ci siamo già attivati, incontrando la nuova Presidente della Commissione territoriale Asilo di Forlì, attivando un lavoro di coordinamento con l’Ufficio immigrazione della Questura di Rimini, e implementando le attività a supporto dello Sportello sociale/ascolto.
Riflessioni sui giovani
La stragrande maggioranza dei giovani che incontriamo, sono migranti, richiedenti asilo, ricorrenti o titolari di una qualche forma di protezione. In questo momento all’interno del progetto di Casa Don Gallo abbiamo 18 ragazzi sotto i 35 anni, con i quali oltre al progetto per l’accoglienza degna abbiamo avviato anche percorsi di formazione sul lavoro e sui diritti di cittadinanza. Poi ci sono una ventina di ragazzi che frequentano gli spazi e i servizi (docce, Guardaroba solidale) e un altro gruppo i progetti dedicati, come quello della squadra di calcio antirazzista AutSide Social Football che coinvolge una quindicina di ragazzi o della scuola di italiano, sono circa una ventina i ragazzi sotto i trent’anni.
Molti dei giovani volontari impegnati nelle attività, che la nostra associazione promuove negli spazi che autogestiamo, lavorano per mantenersi negli studi, in particolar modo durante la stagione estiva. Sono tutti e tutte working poors, oppure occupati nei nuovi lavori della GIG economy (fattorini, riders, ecc..), alcuni di loro vivono in casa popolari.
La povertà economica si accompagna sempre nel medio e lungo periodo ad una povertà culturale (di accesso alla cultura) e relazioni. Soprattutto i giovani senza fissa dimora vivono spessissimo ghettizzati ai margini, in condizioni di totale abbandono e mancanza di ogni minima forma di assistenza. Per questo cerchiamo di creare piccole alleanze con loro, per costruire nuove relazioni basate sulla fiducia e sulla condivisione delle problematiche. Noi possiamo essere un porto sicuro, in cui arrivare e ripartire. O fermarsi per il tempo necessario. Operiamo affinché in primis attraverso le attività che promuoviamo ci sia un’assunzione di consapevolezza della propria situazione e del perché ci si trova in certe condizioni. Cerchiamo di favorire sempre l’autonomia della persona e di valorizzarla nella sua interezza, sostenendo percorsi di riscatto e coscientizzazione (corsi di formazione, laboratori teatrali, viaggi, esperienze sul campo, manifestazioni, assemblee). Cerchiamo di problematicizzare gli aspetti che talvolta si accompagnano a queste gravi forme di povertà e marginalità come gli abusi delle forze dell’ordine, la microcriminalità e tutte quelle condizioni di privazioni che spesso possono spingere le persone a forme di sopravvivenza dannose per se stessi ma anche per tutta la società. Condotte e comportamenti che sono il prodotto di un sistema che crea questi margini e queste povertà, sistema incapace di dare risposte non assistenziali o non stigmatizzanti rispetto a chi vive questa condizione.
Favoriamo la partecipazione, intesa come sentirsi parte del tutto, la condivisione e le relazioni attraverso lo sport con la squadra di calcio antirazzista AutSide attiva dal 2012 che partecipa al campionato Uisp di calcio a 7 o la musica con il laboratorio rap/reggae/hip hop del Madiba Sound Family e gli eventi ricorrenti come il Welcome Party, la festa dell’accoglienza e della città meticcia o Urban Roots un festival di musica hip hop underground per avvicinare i giovani non solo alla musica ma anche alla letteratura e alla lettura. Con la Scuola di italiano cerchiamo di favorire i processi di inclusione attraverso l’apprendimento della lingua italiana in un rapporto alla pari tra insegante e studente. Con il progetto della Cucina e Pizzeria sociale cerchiamo di valorizzare competenze e professionalità in un ottica di attivazione favorendo una crescita personale spendibile poi nella ricerca del lavoro. Con l’attivazione di studenti e studentesse o di giovani precari all’interno delle attività della nostra associazione, cerchiamo di far incontrare queste persone e queste situazioni, di far stimolare l’empatia e quindi la consapevolezza sulla condizione comune per trovare insieme risposte e strategie ai bisogni che incontriamo e per pensare insieme un cambiamento possibile.